Decreto Semplificazioni ed appalti: stop alle sospensioni della stipulazione dei contratti perché esiste un processo sugli atti di gara.

Il Decreto semplificazioni di metà luglio spunta le unghie alle pubbliche amministrazioni restie a stipulare i contratti quando le procedure di aggiudicazione degli appalti o concessioni sono sotto la lente di ingrandimento dei giudici che devono valutare la legittimità degli atti di gara.

Il Decreto semplificazioni di metà luglio spunta le unghie alle pubbliche amministrazioni restie a stipulare i contratti quando le procedure di aggiudicazione degli appalti o concessioni sono sotto la lente di ingrandimento dei giudici che devono valutare la legittimità degli atti di gara.

Accadeva spesso che, conclusa la gara, le stazioni appaltanti ritardassero la stipulazione del contratto per ragioni ritenute “prudenziali”: evitare, cioè, che nel corso del tempo necessario alla conclusione dei processi, si potessero cristallizzare le posizioni negoziali, esponendo così la PA ad ipotetici pregiudizi risarcitori ed erariali. L’eccesso di zelo della pubblica amministrazione aveva, però, il proprio rovescio: comportandosi così, di solito si generava la paralisi per anni; sicché, i progetti di lavori, servizi e forniture, anche per lustri rimanevano ad impolverarsi negli scaffali degli uffici pubblici.

Tra le conseguenze di questi comportamenti: alterazione del mercato (a beneficiare di tanto erano soprattutto gli operatori economici che potevano godere di proroghe contrattuali, laddove ci fossero stati precedenti contratti in scadenza) e, soprattutto, i cittadini, che, obtorto collo, dovevano accontentarsi di quello che c’era. Oppure di quanto non c’era nemmeno.

 

Come cambia il Codice dei Contratti pubblici con il Decreto semplificazioni.

 

Adesso non sarà più così. Il Decreto semplificazioni interviene sul Codice dei Contratti pubblici cambiando l’art. 32 D.Lgs. 50/2016. In base alla nuova versione della norma, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione “deve” avvenire entro i successivi sessanta giorni dall’aggiudicazione. Prima dell’intervento legislativo, la disposizione si limitava, più genericamente, ad affermare che la stipulazione del contratto “ha luogo” nel termine indicato: l’obbligatorietà dell’onere è, pertanto, resa manifesta.

Ciò, tuttavia, non significa che non possano esserci deroghe al principio. Come nella formulazione previgente, la deroga può intervenire se essa è indicata dal bando, nell’invito ad offrire oppure è espressamente concordata tra le parti. Tuttavia, al fine di evitare che l’eccezione possa tramutarsi in regola, il legislatore stabilisce che la deroga alla stipulazione del contratto entro i sessanta giorni dall’aggiudicazione, deve, in ogni caso, essere giustificata dall’interesse alla sollecita esecuzione del contratto stesso.

Ancora. Il legislatore ha comunque inteso tenere aperta una strada che permetta alle pubbliche amministrazioni di non stipulare nel termine assegnato dalla legge. Ma la mancata stipulazione deve essere motivata con specifico riferimento all’interesse della stazione appaltante, unitamente a quello nazionale alla sollecita esecuzione contrattuale, da valutare ai fini della responsabilità erariale e disciplinare del dirigente responsabile del procedimento.

In ogni caso, e questo è il principio più “pervasivo” della novella, vista nel passato la ripetitività dell’impiego del “catenaccio” da parte delle PA, è adesso chiaramente detto che non è una giustificazione adeguata, per la mancata stipulazione del contratto nei termini stabiliti dall’ordinamento ovvero dagli atti di gara, la pendenza di un ricorso giurisdizionale, a meno che non sia proprio il giudice ad inibire la conclusione del contratto.

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