Decreto Semplificazioni: cosa cambia negli appalti

L’art. 4 del DL 76/2020 (convertito con la Legge 11 settembre 2020, n. 120) ha introdotto modifiche ai commi 6 e 9 dell’art. 120 del codice del processo amministrativo, rubricato “Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’art. 119, comma 1, lettera a)”.
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L’art. 4 del DL 76/2020 (convertito con la Legge 11 settembre 2020, n. 120) ha introdotto modifiche ai commi 6 e 9 dell’art. 120 del codice del processo amministrativo, rubricato “Disposizioni specifiche ai giudizi di cui all’art. 119, comma 1, lettera a)”.

In particolare, allo scopo di ottenere il rilancio dell’economia, il governo – in linea con la ratio ispiratrice della disciplina processuale del “rito appalti”, derogatoria del regime ordinario – ha inteso ridurre ulteriormente i tempi per la definizione dei processi amministrativi e, nello specifico, quelli riguardanti le “procedure di affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i  provvedimenti dell’Autorità nazionale anticorruzione ad essi riferiti…”.

A questo proposito, sono state introdotte nuove disposizioni processuali dedicate proprio al contenzioso relativo agli appalti, le quali sono destinate, per un verso, a tutti gli operatori del diritto; per altro verso, invece, soltanto al giudice, con inevitabili implicazioni, tuttavia, anche sugli operatori stessi.

Quali sono le nuove regole del Decreto Semplificazioni relativo agli appalti

Sotto il primo profilo, il “nuovo” comma 6 dell’art. 120 cpa, a differenza della formulazione previgente, consente al giudice, fermi i presupposti di cui all’art. 60 cpa (devono essere trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso e deve essere accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria), anche laddove non ricorrano i presupposti di cui all’art. 74 cpa
(manifesta fondatezza ovvero irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso) di decidere il ricorso, anche nel merito, all’esito dell’udienza cautelare.
Più nello specifico, il legislatore ha precisato che si può giungere alla definizione nel merito del ricorso, all’esito dell’udienza cautelare, quando le parti richiedano congiuntamente di limitare la decisione all’esame di un’unica questione e, comunque, in ogni altro caso, purché siano garantite le esigenza di difesa anche in relazione alla complessità della causa.

Con il decreto Semplificazioni, dunque, si va riducendo sempre di più lo spazio tra la “fase cautelare” e la “fase di merito” del processo, atteso che entrambe le fasi sono destinate ad essere trattate congiuntamente nella prima delle due.

Comma 9 dell’art.120

Sotto il secondo profilo, invece, viene in rilievo il nuovo comma 9 del medesimo articolo 120, in virtù del quale “Il giudice deposita la sentenza con la quale definisce il giudizio entro quindici giorni dall’udienza di discussione. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa, il giudice pubblica il dispositivo nel termine di cui al primo periodo, indicando anche le domande eventualmente accolte e le misure per darvi attuazione, e comunque deposita la sentenza entro trenta giorni dall’udienza”.

Sicché il termine entro il quale il giudice deve depositare la sentenza è stato dimezzato rispetto ai “trenta giorni dall’udienza di discussione” previsti in precedenza. Inoltre, le modifiche introdotte hanno sottratto alle parti la disponibilità di chiedere l’anticipata pubblicazione del dispositivo: nella nuova formulazione, infatti, la pubblicazione del dispositivo è nella facoltà del giudice, il quale soltanto innanzi ad una sentenza la cui stesura della motivazione risulti “particolarmente complessa” potrà, nel termine di 15 giorni dall’udienza di discussione, pubblicare il dispositivo e rinviare per le motivazioni alla sentenza che, comunque, dovrà essere depositata entro trenta
giorni dall’udienza.

Le modifiche in rassegna, benché di recentissima approvazione, sono già passate al vaglio del giudice amministrativo, seppur con riferimento alla formulazione del testo ante conversione che, a differenza del testo definitivo, non faceva cenno alla facoltà delle parti di poter “limitare la decisione all’esame di una sola questione”.

Conclusioni

Con la sentenza resa dal Tar Lazio, Sez. II, 6 agosto 2020, n. 9044, il giudice, prima di definire il giudizio all’esito dell’udienza cautelare, ha tracciato “le coordinate ermeneutiche” alla luce delle intervenute modifiche all’art. 120 cpa, evidenziando come “Le previsioni normative introdotte dall’art. 4 del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, hanno dunque natura processuale e sono applicabili, secondo il generale principio del tempus regit actum, alle controversie soggette al c.d. rito appalti chiamate in decisione nelle udienze cautelari calendarizzate in una data successiva alla loro entrata in vigore”. Nel caso di specie, il TAR ha definito la controversia, anche nel merito, all’esito dell’udienza cautelare, benché non ricorressero i presupposti di cui all’art. 74 cpa, ossia: manifesta fondatezza ovvero manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso.